giovedì 14 marzo 2013

Cambio di prospettiva


Questa mattina mi sono svegliato alle 5.11.
Senza nessun motivo, così, mi sono solo svegliato e non sono più riuscito a riaddormentarmi. Non dovevo alzarmi, mancava ancora più di un'ora, ma non c'è stato verso.
Le preoccupazioni...” mi sento spesso dire quando mi sveglio un po' prima del solito.
Comincio a crederlo anche io, perché quando mi succede ho in testa ciò che devo fare, quello che non ho fatto, ciò che della professione o della vita privata mi preoccupa.
Normalmente leggo la prima pagina del quotidiano o altre notizie in rete, talvolta mi precipito su facebook per vedere se ci sono commenti o segnalazioni interessanti da guardare.
Questa mattina non è stato così.
Avevo messo proprio ieri sera sul comodino l'ultimo libro che mi hanno regalato ed ho cominciato a leggerlo.

...In questa Italia del nuovo millennio, nel Paese che ha compiuto centocinquant'anni, l'umore più diffuso è lo scoraggiamento accompagnato dal disincanto. Viviamo spaventati, impauriti, in difesa, con il terreno che ci frana sotto i piedi, convinti di essere capitati nella peggiore stagione della storia: la più violenta, la più insicura, la più minacciata, la più cattiva. Siamo talmente immersi in questo presente che ci sfinisce da avere perso il senso del tempo: è scomparsa la memoria del passato e, con lei, anche la possibilità del futuro.

Ma siamo davvero sicuri che ci sia stata una mitica età dell'oro da rimpiangere?
Guardo al secolo scorso e vedo guerre, macerie, stermini, odio ideologico, giovani che si sprangano, terrorismo, stragi, iniquità, disoccupazione, inflazione alle stelle e ingiustizie assortite. […] È questo il mondo da rimpiangere? Quello della P2, del terrorismo rosso e nero che sparava a chi usciva di casa, delle bombe nelle banche, sui treni e nelle stazioni, dei segreti inconfessabili? Oppure quello del ventennio fascista, di due guerre mondiali, della deportazione nei campi di sterminio, della fame? Cosa abbiamo da invidiare voltando la testa indietro?...
"Cosa tiene accese le stelle.
Storie di italiani che non hanno mai smesso
di credere nel futuro."
Mario Calabresi - Mondadori

La prospettiva della giornata è cambiata.
Le preoccupazioni mi sono sembrate meno pesanti, le difficoltà che sarei andato ad affrontare mi sono parse meno insormontabili, la fatica si è contornata di nuova energia.
Il pallido sole che intravedevo sorgere dalle montagne che si scorgono dalla finestra di fronte al mio letto mi è parso più luminoso e caldo.
Sono a conoscenza di quanto accaduto nel secolo scorso (anche se in storia non sono mai stato un genio!) ma trovarle così accorpate – in poco più di 10 righe – mi ha fatto impressione.
Ho immaginato una delegazione di alieni che, arrivata sulla terra, avesse chiesto “Che vi è successo nel secolo scorso?
E la risposta mi ha fatto rabbrividire.

Viviamo davvero in un tempo che ci pare complicato, contorto, angosciante, preoccupante e apparentemente interminabile.
Ma la memoria fa davvero strani scherzi.
È scomparsa la memoria del passato e, con lei, anche la possibilità del futuro.
Mi ha ricordato il dispositivo pedagogico dell'attraversamento dell'esperienza incontrato diversi anni fa, quello che mi ha insegnato che in un processo educativo non ha senso rinnegare o dimenticare ciò che abbiamo vissuto – per quanto traumatico possa essere stato – ma occorre rielaborarlo, rileggerlo in una differente ottica, sforzandosi di trovare l'insegnamento, quella informazione in più che ci permetterà di affrontare in modo diverso – nel futuro – una difficoltà simile a quella appena incontrata.

Si può applicare questo dispositivo pedagogico al momento storico che stiamo vivendo? Come si può trasformare un vincolo in una risorsa?
Non lo sapevo questa mattina alle 5.11 e non sono certo di saperlo nemmeno adesso.
Ma questa mattina, quando alle 5.45 la mia piccola è arrivata nel lettone, l'ho guardata e ho avuto la conferma che occorre provarci.

Non rimpiangere il passato, ma cercare di costruire il futuro.


2 commenti:

  1. Hai ragione. E' davvero il caso di smettere di vedere tutto nero ed, iniziare, con umiltà e speranza, a fare tutto quello che si può per migliorare la situazione.

    RispondiElimina
  2. Credo infatto, Laura, che la lamentela a prescindere sia diventata più una moda che una necessità. Si perde l'individualismo correndo dietro alla massa, in tutti i sensi.

    RispondiElimina