Questa mattina mi sono
svegliato alle 5.11.
Senza nessun motivo,
così, mi sono solo svegliato e non sono più riuscito a
riaddormentarmi. Non dovevo alzarmi, mancava ancora più di un'ora,
ma non c'è stato verso.
“Le
preoccupazioni...” mi sento spesso dire quando mi sveglio un
po' prima del solito.
Comincio a crederlo anche
io, perché quando mi succede ho in testa ciò che devo fare, quello
che non ho fatto, ciò che della professione o della vita privata mi
preoccupa.
Normalmente leggo la
prima pagina del quotidiano o altre notizie in rete, talvolta mi
precipito su facebook per vedere se ci sono commenti o segnalazioni
interessanti da guardare.
Questa mattina non è
stato così.
Avevo messo proprio ieri
sera sul comodino l'ultimo libro che mi hanno regalato ed ho
cominciato a leggerlo.
“...In questa Italia
del nuovo millennio, nel Paese che ha compiuto centocinquant'anni,
l'umore più diffuso è lo scoraggiamento accompagnato dal
disincanto. Viviamo spaventati, impauriti, in difesa, con il terreno
che ci frana sotto i piedi, convinti di essere capitati nella
peggiore stagione della storia: la più violenta, la più insicura,
la più minacciata, la più cattiva. Siamo talmente immersi in questo
presente che ci sfinisce da avere perso il senso del tempo: è
scomparsa la memoria del passato e, con lei, anche la possibilità
del futuro.
Ma siamo davvero
sicuri che ci sia stata una mitica età dell'oro da rimpiangere?
Guardo al secolo
scorso e vedo guerre, macerie, stermini, odio ideologico, giovani che
si sprangano, terrorismo, stragi, iniquità, disoccupazione,
inflazione alle stelle e ingiustizie assortite. […] È questo il
mondo da rimpiangere? Quello della P2, del terrorismo rosso e nero
che sparava a chi usciva di casa, delle bombe nelle banche, sui treni
e nelle stazioni, dei segreti inconfessabili? Oppure quello del
ventennio fascista, di due guerre mondiali, della deportazione nei
campi di sterminio, della fame? Cosa abbiamo da invidiare voltando la
testa indietro?...”
"Cosa tiene accese le stelle.
Storie di italiani che non
hanno mai smesso
di credere nel futuro."
Mario Calabresi - Mondadori
La prospettiva della
giornata è cambiata.
Le preoccupazioni mi sono
sembrate meno pesanti, le difficoltà che sarei andato ad affrontare
mi sono parse meno insormontabili, la fatica si è contornata di
nuova energia.
Il pallido sole che
intravedevo sorgere dalle montagne che si scorgono dalla finestra di
fronte al mio letto mi è parso più luminoso e caldo.
Sono a conoscenza di
quanto accaduto nel secolo scorso (anche se in storia non sono mai
stato un genio!) ma trovarle così accorpate – in poco più di 10
righe – mi ha fatto impressione.
Ho immaginato una
delegazione di alieni che, arrivata sulla terra, avesse chiesto “Che
vi è successo nel secolo scorso?”
E la risposta mi ha fatto
rabbrividire.
Viviamo davvero in un
tempo che ci pare complicato, contorto, angosciante, preoccupante e
apparentemente interminabile.
Ma la memoria fa davvero
strani scherzi.
“È scomparsa la
memoria del passato e, con lei, anche la possibilità del futuro.”
Mi ha ricordato il
dispositivo pedagogico dell'attraversamento dell'esperienza
incontrato diversi anni fa, quello che mi ha insegnato che in un
processo educativo non ha senso rinnegare o dimenticare ciò che
abbiamo vissuto – per quanto traumatico possa essere stato – ma
occorre rielaborarlo, rileggerlo in una differente ottica,
sforzandosi di trovare l'insegnamento, quella informazione in più
che ci permetterà di affrontare in modo diverso – nel futuro –
una difficoltà simile a quella appena incontrata.
Si può applicare
questo dispositivo pedagogico al momento storico che stiamo vivendo?
Come si può trasformare un vincolo in una risorsa?
Non lo sapevo questa
mattina alle 5.11 e non sono certo di saperlo nemmeno adesso.
Ma questa mattina, quando
alle 5.45 la mia piccola è arrivata nel lettone, l'ho guardata e ho
avuto la conferma che occorre provarci.
Non rimpiangere il passato, ma cercare di costruire il futuro.
Hai ragione. E' davvero il caso di smettere di vedere tutto nero ed, iniziare, con umiltà e speranza, a fare tutto quello che si può per migliorare la situazione.
RispondiEliminaCredo infatto, Laura, che la lamentela a prescindere sia diventata più una moda che una necessità. Si perde l'individualismo correndo dietro alla massa, in tutti i sensi.
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