domenica 11 maggio 2014

#educazionEamore - Il nuovo ruolo dei padri

Il tema del mese di maggio lanciato da Snodi Pedagogici è: #educazionEamore

"L’educazione all’amore come dimensione particolare dell’incontro (umano e tra esseri viventi), alla sessualità, all’affettività, alla passione, intesa non solo come eros ma più etimologicamente come provare un forte “sentire” per qualcosa o qualcuno.

Come educare e come educarsi all'amore, in tutte le sue sfaccettature..."

Buona lettura.


#educazionEamore - Educare all’amore: il nuovo ruolo dei padri

I nuovi padri, intendendoli non solo in senso anagrafico ma soprattutto come portatori di un nuovo approccio, stanno imparando l’importanza di partecipare all’educazione dei propri figli anche dal punto affettivo.
Una vera piccola rivoluzione per un ambito che, fino a poco tempo, fa riguardava solo la sfera materna e vedeva il padre ai margini per timore che ne venisse minata l’autorità.
Fortunatamente i papà di oggi hanno capito l’importanza di educare all’affettività dandone l’esempio in prima persona senza per questo sentirsi sminuiti nel proprio ruolo. Questo deriva dalla sempre maggiore partecipazione dei padri alla vita dei figli che porta a una maggiore confidenza e complicità. E’ qualcosa che viene da sé. Non c’è bisogno di programmare un bacio o un abbraccio. Tutto viene naturale se, ad esempio, è normale accompagnare il proprio figlio all’asilo, e il momento dei saluti è un classico, o si va insieme al parco dove si scopre ben presto che i rimedi più efficaci contro le sbucciature alle ginocchia e le cadute sono un bacio e un fazzoletto per asciugare le lacrime.
L’affettività, come tanti altri aspetti dell’educazione, non si insegna a tavolino ma si apprende ogni giorno osservando i comportamenti di chi ci sta intorno. L’amore, come qualsiasi concetto astratto, ha bisogno di prendere forma e concretizzarsi attraverso gesti.
Personalmente non vedo il rischio, sbandierato da alcuni, di una deriva del padre verso l’universo materno. Si tratta solo di un’etichetta utilizzata fino ad oggi che dovrà essere aggiornata. Un abbraccio non è un gesto “materno” è un gesto “umano”. Inoltre, il padre e la madre metteranno anche in questa sfera la propria impronta che sarà diversa e, quindi, rappresenterà un arricchimento per il bambino. Non dimentichiamoci che per un figlio piccolo il babbo e la mamma sono i rappresentanti principali del mondo maschile e di quello femminile. E’ bene che l’amore non emerga come a beneficio di una sola delle due metà del cielo.



Daniele Semplici, autore del blog BABBOnline 
Toscano, padre di una bambina di quasi quattro anni. Ama viaggiare, leggere e scrivere. Ha iniziato il suo blog sulla paternità due anni fa. Nel 2010 ha pubblicato il suo primo libro con una casa editrice locale. Appassionato di Internet, da qualche mese ha pubblicato il suo secondo romanzo “Tutti sul tetto” solo in versione ebook attraverso il self-publishing.




Tutti i contributi verranno divulgati dai blogger di Snodi Pedagogici, condivisi e commentati sui diversi social e raccolti in questo link.

I blog che partecipano
Il Piccolo Doge
InDialogo
Tra fantasia, pensiero e azione
E di Educazione
Nessi Pedagogici
Ponti e derive
Bivio Pedagogico
La bottega della Pedagogista

I blogging day fanno parte di un progetto culturale organizzato e promosso da Snodi Pedagogici.
Questo avrà termine con l'estate e sfocerà in un'antologia dei contributi che verrà pubblicata sotto forma di ebook"

mercoledì 7 maggio 2014

Il cruccio della valutazione in educazione

"Da giorni ormai non si sente altro... su Radio3 continuano a parlare della polemica sulle prove INVALSI"
"Non ho sentito nulla in merito. L'unica esperienza sull'argomento è della mia bambina, che ieri per la prima volta ha affrontato questa prova. Era molto agitata, cosa che normalmente non succede con le altre verifiche. Significa che sente maggiormente la pressione."

Ecco un brandello di telefonata tra me e una collega questa mattina.
Pare che l'argomento sia sulla bocca di tutti. Tv, radio, social network in questi giorni non stanno parlando d'altro.
Io invece ho avuto un approccio più "personale": ho dovuto "solo" spiegare alla mia bambina (che frequenta la seconda elementare) cosa fossero queste strane prove diverse dalle solite verifiche.
Gliel'ho spiegato semplicemente, dicendo che è una verifica che si fa uguale in tutte le seconde elementari d'Italia e che - quindi - tutti i bambini della sua età avrebbero fatto nello stesso giorno la stessa verifica.
La spiegazione le è bastata.

Però la telefonata con la collega mi ha fatto riflettere.

Mi ha fatto pensare al perenne cruccio della valutazione in educazione. 
Per un certo periodo è stato anche un mio cruccio, ci ho persino scritto la tesi...

La grande protesta contro gli INVALSI (mi è parso di capire) viene principalmente dagli insegnanti che "si sentono valutati", che non sentono fiducia da parte del Ministero rispetto al loro lavoro. E questo mi ha incuriosito.
Sono andato quindi a cercare informazioni perché, ammetto, sono abbastanza ignorante in materia.

Ho scoperto che:

"L'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo dell'istruzione è un istituto di ricerca con personalità giuridica di diritto pubblico, il quale, sotto il patrocinio del Ministero dell'Istruzione ha raccolto, dal 1999 l'eredità del Centro Europeo dell'Educazione(CEDE) istituito nei primi anni settanta del secolo scorso.
I compiti principali dell'istituto sono incentrati in gran parte sulla valutazione del sistema scolastico italiano, con le seguenti principali attività:
  • verifiche sistematiche e periodiche sulle abilità e conoscenze degli studenti, e sulla qualità dell'offerta didattica e formativa delle istituzioni; in particolare gestisce il Sistema Nazionale di Valutazione (SNV)
  • preparazione annuale dei testi della prova scritta nazionale volta a verificare i livelli di apprendimento conseguiti dagli studenti nell'esame di Stato al terzo anno della scuola secondaria di primo grado (comunemente nota come Test INVALSI)" 
(fonte Wikipedia)

Quindi... 
Beh, si - cari insegnanti - in effetti la sensazione che avete (cioè di essere valutati) è corretta. 
Uno dei compiti di questo Istituto è proprio la valutazione della qualità dell'offerta didattica e formativa
Può essere fastidioso sentirsi sotto la lente d'ingrandimento ma credo sia corretto. 
La valutazione dovrebbe essere uno stimolo al costante miglioramento, a garanzia della qualità.
E se la scuola italiana fosse di qualità non sarebbe meglio?
Che lo strumento sia valido o meno questo non lo so. E probabilmente sarebbe interessante sentire il parere di chi è direttamente coinvolto in questo processo.

Anche la scelta (autonoma o imposta, poco importa) di raccogliere un dato statistico significativo sulla preparazione media degli studenti italiani mi sembra abbia senso.
Sarebbe come dire "Questo è il livello di preparazione dei nostri studenti!". 
Corretto, in un'ottica di globalizzazione, presentare il proprio valore? 
Si. Se di valore si tratta. 
Se invece si tratta di minor valore allora la questione si fa seria.

La paura, quindi, è di essere valutati o di non essere all'altezza della situazione?


Si tratta di una paura esclusivamente degli insegnanti o anche degli educatori, visto che anche in educazione la valutazione è sulla cresta dell'onda da diversi anni?
Come si fa a valutare l'efficacia di un intervento educativo? Come si può verificare la qualità di un servizio senza considerarne solo fattori facilmente misurabili come gli standard strutturali o gestionali? Come si può valutare il grado di autonomia raggiunto da un utente?
L'educazione non è un fatto oggettivo perché troppe sono le variabili in gioco. 
E se l'adolescente fosse refrattario all'intervento educativo? E se la famiglia decidesse di non aderire al progetto proposto? E se il servizio fosse attraversato da operatori di differente preparazione e qualità? E se...

Mi viene da dire, però, che la valutazione è comunque necessaria per diversi motivi.
  • Un operatore ha bisogno di un feed back rispetto al suo operato, ognuno ha la necessità di sapere se sta percorrendo la giusta direzione o se è meglio correggere la rotta;
  • Il valore dell'educazione deve essere esportabile, in modo che diventi cultura comune perché le buone prassi devono essere condivise;
  • Il committente (cioè colui che paga l'intervento educativo, chiunque esso sia) merita una restituzione di valore in modo che possa selezionare (sul libero mercato, anche nell'ampia offerta di servizi pubblici) l'eccellenza occorre avere dei dati.
Il perenne cruccio della valutazione.
Come si può valutare qualcosa che non può essere oggettivato? Quali sono gli standard dell'educazione? Come si misura la qualità?

Ma la vera domanda, in educazione come nella scuola è, "Chi valuta chi?"