domenica 17 marzo 2013

La rivoluzione dei quarantenni.



Dicono di noi che siamo dei bamboccioni.
E forse hanno ragione.
Dicono di noi che siamo orfani di padre, cioè dell'autorità che trae origine dall'autorevolezza e consente ai figli di avventurarsi in territori inesplorati, sapendo di poter contare all'occorrenza su una robusta ringhiera.
Dicono di noi che non siamo in grado di costruire il nostro futuro.

Hanno ragione?
Forse. O forse no.

Siamo una generazione di uomini e donne che sono cresciuti all'ombra dei propri genitori. O meglio, all'ombra dei loro sforzi, dei loro sacrifici.
I nostri genitori sono i figli e nipoti della guerra. Nipoti della prima. Figli della seconda. Le Guerre Mondiali. Le Grandi Guerre.

Continuano a dire di noi che siamo figli del benessere e che non sappiamo accontentarci, che non abbiamo valori, che viviamo semplicemente all'ombra di chi – diversamente da noi – ha fatto fatica.
I nostri genitori (i miei perlomeno, e quelli di tutti i miei amici, o quasi) erano operai, si sono sposati senza grandi risorse economiche, facevano il doppio lavoro e hanno rinunciato a tutto, o quasi.
E hanno voluto che noi studiassimo, che scoprissimo il mondo, che ci costruissimo un futuro.
Siamo stati aderenti alle aspettative?

Dicono di noi...
Dicono di me che sono diverso da quelli della mia generazione. Dico(no?) di me che sono la mosca bianca.
Non sto (e non voglio stare) a descrivere la mia situazione personale, ma oggi – grazie alle nuove tecnologie e alla rete – riesco a guardare la vita dei miei coetanei, dei miei compagni delle superiori, dei miei amici dell'adolescenza passata in oratorio.
Cosa differisce ma da loro?
Nulla. Davvero nulla.
Sapete dove ho trovato la conferma del mio essere uguale (e non dissimile) dai miei coetanei? Dal fratello “scapestrato” di una mia amica.
Da adolescente era “contro”, uno di quelli che “scappavano” dalle aspettative e dalle richieste dei genitori.
Non è scappato solo metaforicamente, ma anche fisicamente.
Ha finito il liceo, si è ritirato dall'università... sembrava aver mollato tutto.
E oggi?
Oggi vedo su FB le foto dei suoi figli e leggo dei successi della sua società. E ricordo di quando, a 17 anni, leggeva il “Sole-24 ore” come se fosse lui, allora, la mosca bianca.

Mio figlio è un privilegiato. Alla sua età io passavo la giornata nei campi, lui invece va a scuola, torna a casa, pranza, guarda la televisione sdraiato sul divano per un'ora e poi ci raggiunge al negozio dove io e sua madre lavoriamo dall'alba. A quel punto si siede al tavolino che gli ho sistemato nel retro e devo solo studiare, ha pure la Coca-Cola.
“Cosa tiene accese le stelle”
M. Calabresi – Mondadori 2011

Per mia madre il divano era “il luogo della perdizione”, il posto dove si sedevano i nullafacenti.
La vergogna.

Dicono di noi che siamo una generazione di perdenti.
Ma io non ci credo.
Io credo che noi quarantenni (o similari) abbiamo ricevuto in eredità un mondo più semplice da affrontare ma più complicato da gestire.
Credo che siamo dei bamboccioni (anche se io sono uscito di casa a 21 anni) e dei mammoni (anche se è di questa mattina l'ultima discussione telefonica con la mamma perché “non ascolta”) semplicemente perché ci hanno consegnato questo mondo.
Credo che il nostro vero difetto sia stato di vivere all'ombra di chi – nel secolo scorso – ha lottato per costruire un mondo migliore.
Per noi.

Oggi è ora che ci svegliamo. È ora che i quarantenni rivendichino il loro ruolo nella società e la smettano di vivere all'ombra delle generazioni precedenti.
È ora che i giornali vengano diretti da quarantenni.
È ora che il mondo della musica, dell'arte e della scienza abbiano i suoi nuovi miti.
È ora che la politica abbia i suoi rappresentanti.

È ora della rivoluzione dei quarantenni. È ora che ci svegliamo.

Siamo ormai genitori delle nuove generazioni. È nostro il compito di costruire il futuro per i nostri figli. È ora che la smettiamo di dipendere – anche solo mentalmente – da chi ci ha preceduto.
È ora che ci prendiamo la responsabilità delle nostre azioni, del nostro mondo e del mondo che vogliamo lasciare ai posteri.

È ora.





8 commenti:

  1. Sono una over 40 ( anche se di poco) figlia di una famiglia borghese ma che a 24 anni e' uscita di casa con i propri mezzi ( cioè nulla); si è' affittata la prima casa e ha acquistato la sua prima lavatrice a rate.
    Sono una 40 enne che ha sperimentato cosa significhi vivere soli quando il resto dei suoi coetanei ancora stava a casa di mamma.
    Ricordo il senso tremendo di solitudine quando rientravo dal lavoro e si chiudeva la porta di casa alle mie spalle e sentivo il silenzio, quello vero, quello che permette alla testa e al cuore di far ascoltare tutto il rumore che hanno dentro.
    Così ho cominciato a crescere, così ho imparato ad assumermi le mie responsabilità.
    Il mio percorso di vita e' stato pieno di ostacoli che ho superato e non è finita qui.
    Ma ho fiducia in me stessa e, soprattutto, ho fiducia nella forza che ho acquisito affrontando la mia vita.
    Non sono nostalgica, non vorrei tornare indietro nel tempo, sono contenta di vivere il mio presente con tutte le difficoltà che questo comporta. Sono contents di essere come sono adesso, frutto di tutto cio' che e' stato.
    Certo ho paura, paura delle incertezze, paura di vivere in un paese in grande difficoltà, paura di non farcela.
    Ma, come sono andata avanti fino ad ora, riuscirò' a proseguire nel mio cammino.
    Ecco perché non mi riconosco nella generazione dei " bamboccioni ".
    Anna

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  2. Incisivo e travolgente ... un inno al movimento intelligente e non posso che associarmi all'invito!

    Credo anch'io che alcune critiche siano vere e altre no. Ci possiamo stare e restare con tutte le nostre ambivalenze purchè la smettano di essere la copertina di Linus e diventino ali.

    Grazie Alessandro.

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  3. Il vero problema, forse, è che l'agio e la comodità (formale e intellettuale) in cui siamo cresciuti ci hanno un po' abituato... La pigrizia mentale è la vera nemica!

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  4. purtroppo Ale per molti è così! io (non so se ricordi) non arrivo proprio da una famiglia di operai, per cui sono cresciuta abbastanza "viziata", senza fare molti sforzi per ottenere quello che volevo ... ma spinta comunque a dare il meglio e crearmi una mia vita indipendente. credo che fondamentalmente spetti a ciascuno di noi ottenere ciò che vogliamo dalla nostra vita, lottando per ottnerlo e non continuare a confrontarci con quello che gli altri vogliono da noi ... siamo ormai "grandi"!! =) e dobbiamo rendercene conto!!! =))

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  5. Sono una 40enne, figlia di operai che hanno sudato per farmi studiare, e grazie a quei sacrifici oggi sono io ad aiutare loro. Purtroppo quando sei giovane non ti rendi conto veramente di quello che fanno i genitori per te, beh un giorno andai a prendere i miei genitori al lavoro ed il loro datore mi fece entrare in fabbrica, lì mi sono resa conto di tante cose, una di queste è quello che facevano per me, delle tante ore straordinarie per farmi frequentare quella scuola!!! Non finirò mai di ringraziare i miei genitori per quello che hanno fatto per me. Quella è stata una lezione, eppure non si erano mai lamentati quando tornavano a casa dopo 10/12 ore di lavoro. Ho imparato tanto, anche a fare tre lavori al giorno! Purtroppo non tutti hanno avuto la fortuna di avere dei genitori come i miei, ci sono genitori non presenti e non mi riferisco ad un genere solo, per me ci può essere il bravo papà e la brava mamma e magari quelli meno bravi, ma chi sono io per giudicare? Chi lo può dire? Certo una certa obiettività bisogna averla ma è difficile. Soprattutto credo che non si debba prendere tutto per partito preso, io non sono dalla parte nè dei padri, nè delle madri, bensì sono dalla parte dei figli, quei figli che un giorno saranno degli adulti. E' facile trovare le scuse per tutto, ma la vita te la crei tu! Non possiamo far passare le nostre colpe per mancanze di altri! E' facile dire non è colpa mia perchè non è questione di colpa ma di agire, di fare, i figli richiedono il massimo, non possiamo permetterci di continuare a fare noi i figli se siamo genitori, dobbiamo essere per permettere ai nostri figli di essere un giorno. Grazie a mamma e papà, grazie per come sono oggi!

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  6. A me sembra il contrario. Per come la vedo io le generazioni dei quarantenni e dei trentenni si sono viste depredare il futuro dalle generazioni dei padri.
    Si sono garantiti tutto il garantibile, hanno costruito un sistema di regole e di stato sociale che noi ci sogneremo e che continueremo a pagare per tutta la vita.
    La mia unica speranza è che i debiti che la classe digerente che si sono scelti i miei genitori riesca a pagarli la mia di generazione e non quella di mia figlia.
    Francamente, poi, tutta questa agiatezza non la vedo da nessuna parte, anzi tutto quello che ho me lo costruisco a morsi giorno per giorno. E tra i miei coetanei con medesimo percorso formativo sono pure uno di quelli che stanno meglio.

    Invece vedo, nei sessantenni una certa incapacità di comprendere il mondo in cui hanno vissuto, il modo (aldisopra delle possibilità)in cui hanno vissuto e i danni che ci hanno combinato. E poi osano pure lamentarsi che andranno in pensione con qualche anno di ritardo.
    Per cortesia...

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  7. Sissì tutto bello e nobile, vaglielo a dire però ad un 40-45enne disoccupato che "deve svegliarsi e rivendicare il suo ruolo nella società" e amenità simili... è facile parlare con la pancia piena e la zucca colma di ideali quando la realtà per molti miei coetanei 40enni (me compreso) è durissima per non dire peggio.
    Velleità da fighetti benestanti e garantiti queste che scrivi.

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  8. Mi dispiace percepire tutta questa acredine e questa aggressività nell'ultimo commento, segno evidente di una situazione difficile da affrontare (per lui e per tanti altri).
    mi preme solo aggiungere che - nonostante io abbia sempre pubblicato tutti i commenti - fatico a comprendere un giudizio così netto. senza voler sminuire la precarietà di molte persone (e delle loro famiglie) mi piace ricordare che ci sono anche persone che la pancia "se la riempiono" non sempre gratuitamente, ma con la fatica del loro lavoro e delle loro "zucche colme di ideali".
    Mi piacerebbe che il dialogo fosse costruttivo e non esclusivamente critico.

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