domenica 4 novembre 2012

L'eredità educativa

Un piccolo malessere, un calo di pressione, un mancamento. Il papà non si sente bene, la mamma si preoccupa, la bimba si terrorizza.
"Se non vuoi andare dal medico a richiedere approfondimenti per te stesso, almeno fallo per tua figlia..." è la supplica della moglie al marito.
Cosa siamo noi? Qual è il destino dell'essere umano? Domanda filosoficamente fondamentale ma con un'unica, sola e inappellabile risposta: siamo destinati a morire.
E allora tanti si sono chiesti quale sia il senso.
Il senso della vita.
Lo si può rivedere negli occhi di quella bimba spaventata per il malore del suo adorato papà: il senso della nostra vita è l'eredità che lasciamo a chi ci sopravviverà. Affinché loro abbiano ricordi che, come piccoli mattoncini di lego colorati, li possano aiutare a trovare il loro senso della vita e a costruire l'eredità che anche a loro toccherà lasciare, prima o dopo.
Mi viene da pensare che - allora - il senso della vita coincide con il senso dell'educazione: non solo trasmissione di saperi, ma anche di valori, credenze, convinzioni, dubbi, paure, perplessità, speranze, tradizioni, affetti...
Il terrore negli occhi di quella bimba spaventata dal melessere del suo papà - che non capisce fino in fondo e che chissà quali paure e fantasmi le provoca - apre a nuovi paradigmi: educare non significa solo prendersi cura dell'altro, ma anche prendersi cura di sé stessi in funzione del benessere dell'altro.
Il benessere di quel papà non ha solo l'obiettivo di evitare gli occhi gonfi di lacrime della sua adorata figlia, ma anche di preservarla da una prematura perdita di uno dei suoi riferimenti più importanti, di uno dei legami fondamentali per il processo di crescita e per il superamento delle difficoltà e delle paure o per il considamento delle proprie capacità.
Il primo amore della propria vita ma certamente non l'ultimo.
Di sicuro quello che imposterà tutte le relazioni affettive della sua esistenza.

Vale solo per i propri figli?
Per un educatore certamente no. Perché nella professione educativa l'importanza dell'eredità è il senso dell'educazione.
Semina perché prima o poi qualcuno raccolga.
Lascia un segno di te negli altri.
Proponiti come individuo perché gli altri possano superare la paura della propria individualità.
Offri risorse, strumenti e occasioni perché gli altri abbiano la possibilità di scegliere se utilizzarli o no.
Ma sappi che il tuo compito prima o poi avrà termine.
E non è detto che sia tu a decidere quando.

Quindi prenditi cura degli altri, con passione, costanza e dedizione.
Ma non dimenticare di mettere la stessa passione, costanza e dedizione nella cura di te stesso.
Educare è un compito faticoso e va affrontato con il massimo delle energie.

1 commento:

  1. Bel post, Alessandro, davvero. E io mi chiedo: ma non dovrebbe essere una cosa evidente che per prendersi cura degli altri si deve anche prendersi cura di sé stessi? Eppure siamo costretti a giungere a questa conclusione dopo riflessioni approfondite ed esperienze spiacevoli (come la tua). E questo vale soprattutto per gli educatori e i genitori (di solito più le mamme), quando poi le due situazioni si sommano... ci vuole il pianto della figlia per costringere il padre a farsi fare una visita! E' chiaro che chi fa il nostro lavoro ha una certa predisposizione all'altruismo ma questo non deve avere come conseguenza la negazione e nemmeno l'asservimento non solo dei nostri diritti, ma anche dei nostri desideri, di fronte a quelli degli altri. Se facciamo questo lavoro con amore deve essere anche amore verso noi stessi altrimenti corriamo il rischio di appoggiare sugli altri il peso delle nostre paure, delle nostre rivendicazioni, delle nostre aspettative.

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