martedì 17 settembre 2013

Genitore1, Genitore2... GenitoreN

Uff... una nuova polemica che fa il giro del mondo.
Dalla Francia a Venezia e via per tutti i social (che ormai assomigliano sempre più a casse di risonanza che a veri e propri luoghi di condivisione e riflessione) rimbalzano le opinioni pro o contro l'abolizione dei termini madre e padre dai moduli di iscrizione ad asili e scuole (ovvero dai primi cancelli che i nostri figli attraversano per entrare in società e smettere di essere “solo” figli nostri) sostituendoli con genitore 1 e genitore 2.
Personalmente questi due termini mi fanno venire in mente le Bananas in Pyjamas, personaggi semi-divertenti anche noti come B1 e B2 che quelli che come me hanno un figlio mediamente piccolo avranno ben presente. Chi non li conosce... beh, sono due Banane (ovviamente abbigliate con un pigiama a righe) che vivono nel magico mondo di Cuddlestown tutte le loro avventure. Come noi genitori viviamo le nostre avventure nel mondo reale.


So che la questione andrebbe affrontata più seriamente che con un parallelo ai cartoni animati perché apre – come sempre – un mucchio di questioni più o meno politico-legali come il riconoscimento delle coppie di fatto, l'adozione da parte di coppie omosessuali, le sempieterne diatribe sulla potestà genitoriale, sulla monogenitorialità e sull'affido più o meno condiviso; ma a me piace semplificare e calare la questione su situazioni concrete. Così, giusto per capirci un qualcosa di più.
E quale modo più semplice per sciogliere una matassa così contorta che ribaltare la situazione e affrontarla come farebbero dei bambini chiedendosi cosa ne penserebbero i nostri figli? D'altra parte staremmo discutendo di come loro devono chiamare noi anche se non sanno (né gli tocca, per fortuna) compilare moduli, non conoscono il significato di “chi ne fa le veci” o di “potestà genitoriale”. I bimbi sono solo abituati a chiamare gli adulti che gli stanno intorno con... gli appellativi che sono stati educati ad utilizzare.
Eccolo il vero nodo della questione, secondo me. A prescindere dall'essere riconosciuto come G1 o G2 sulla modulistica di iscrizione a qualsivoglia gruppo sociale, è come un adulto si pone nei confronti del cucciolo di cui è responsabile ad essere prioritario.

Ci sono genitori naturali che gettano i propri figli nei cassonetti (e nemmeno nella raccolta differenziata), conosco genitori adottivi che amano la loro prole giuridica più di coloro che li hanno messi la mondo (e abbandonati), ho incontrato mono-padri e mono-madri che si sobbarcano il doppio ruolo con il triplo della fatica per evitare ai propri figli di subire la mancanza dell'altra metà della mela che [per un motivo o per l'altro] non c'è, mi confronto con famiglie allargate che si adoperano per fare del loro meglio nell'educazione dei figli, ho lavorato con educatori professionali che – in strutture di accoglienza per minori – si relazionano con “minori non accompagnati” con un ruolo educativo-affettivo importante nel processo di crescita di quei ragazzi lasciati soli dalla vita o peggio buttati in un mondo che nemmeno conoscono.
Tutto nell'interesse del minore.

Cosa direbbero questi bambini-ragazzi in merito alla questione di G1 e G2?
Se chiedessi a mia figlia “Chi sono io per te?” sono certo che mi abbraccerebbe forte forte e mi risponderebbe “Sei il mio Tati”.
E poi magari tornerebbe a guardare B1 e B2 ignara di quanto la società attuale sia rappresentata in quel cartone animato.


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