Francesco Casali è un educatore come me.
E come me (anzi, di più) è anche uno scrittore: l'autore-educatore che mi ha fatto avere "quel centimetro di coraggio sopra la paura" che mi ha permesso di scrivere il mio Padri Imperfetti.
Ed è con lui che ho tentato questo esperimento: chiedergli di intervistarmi!
Perché?
Forse per avere un riscontro di quanto ho scritto, o più probabilmente per capire, attraverso le sue domande, che tipo di impatto ha avuto il mio romanzo.
Comunque...
Questo è il risultato del nostro esperimento.
Buona lettura.
Nella scrittura del libro pensi abbia inciso maggiormente l’essere diventato padre o il tuo lavoro di educatore con i minori? O meglio: se non fossi diventato padre avresti iniziato ugualmente a scrivere questo libro?
La volontà (e la necessità) di scrivere un libro c'è sempre stata, anche prima di diventare padre. Nel mio lavoro di educatore ho sempre utilizzato la scrittura come strumento per fissare immagini, descrivere situazioni, produrre relazioni. Ma più di tutto la scrittura, dal punto di vista professionale, mi è servita per riflettere su ciò che faccio.
Quando sono diventato padre tutto è cambiato: la mia vita, i miei ritmi professionali, le mie priorità. E anche i temi su cui mi sono trovato a riflettere.
Per rispondere sinteticamente alla tua domanda: si, avrei scritto (o tentato di scrivere) anche se non fossi diventato padre.
Ma certamente non avrei scritto su questo argomento e con l'intenzione di riflettere anche sul mio ruolo nella relazione con mia figlia.
Ho l’impressione che tu abbia solo accennato – forse volutamente - ad alcune questioni giuridiche e burocratiche legate ad affidamenti e tribunali: cosa ne pensi in generale dell’attuale sistema legislativo riguardo ai minori?
Il tema poteva essere di sicuro approfondito in modo più preciso ma ho volutamente scelto di non farlo perché è un argomento delicato. I tribunali e i servizi sociali sono formati da persone e sono il loro impegno e professionalità (o la loro mancanza) a fare la differenza.
Le istituzioni sono dei contenitori e, in quanto tali, privi di qualità positive o negative.
Oltre a questo mi preme anche aggiungere che nelle storie che racconto è fin troppo facile accusare le istituzioni e non volevo gettare benzina sul fuoco.
Qual è la stata la difficoltà maggiore durante la scrittura e, se potessi, tornare indietro, cosa cambieresti del tuo lavoro?
La difficoltà maggiore è stata la gestione del tempo, trovare dei momenti in cui potermi concentrare e scrivere.
Se tornassi indietro? Farei più attenzione al processo di editing, seguendolo maggiormente ed evitando di delegarlo troppo.
Ero alla mia prima pubblicazione e non vedevo l'ora di averla tra le mani. Ma la fretta non è sempre positiva.
Come è stato accolto dal mondo femminile delle “madri imperfette” il tuo libro?
Il mio libro è stato letto da molte donne e da nessuna di loro ho ricevuto critiche per l'immagine che esce del mondo femminile. Credo, anzi, di aver mostrato loro una visione della paternità che forse non consideravano, che non riuscivano a percepire.
Credo che il titolo abbia anzi incentivato la lettura del gender opposto perché le donne (le mamme) spesso considerano "imperfetti" proprio i padri. Non è un'accusa quella che faccio, semplicemente una constatazione in un mondo che fatica a concepire la cura e l'educazione al maschile.
Per me la scrittura va di pari passo con un lavoro interiore e di solito al termine di un libro, magari dopo l’ennesima rilettura, si rivedono alcune cose personali che inizialmente apparivano diverse. E’ successo anche a te sia come padre che come educatore?
Come dicevo prima il processo di scrittura è sempre stato, per me, strumento di riflessione e quindi si, ho rivisto e rielaborato diversi aspetti, sia come padre che come educatore.
È però stato un processo che mi ha accompagnato già durante la scrittura e non solo al suo termine.
Ho scritto inizialmente per me. Solo dopo mi sono reso conto che stavo anche cercando di comunicare con i potenziali lettori.
E questi sono i suoi libri
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