Qualche giorno fa una collega mi ha mostrato questa immagine ben sapendo che la mia "orticaria paterna" si sarebbe acuita nuovamente.
Pensava di provocarmi... ma io ho semplicemente pensato che i creativi assoldati per creare questa pubblicità non avevano reso un gran bel servizio alla committenza, perché avrebbero perso qualche cliente, invece di guadagnarlo.
Almeno: se mia figlia portasse ancora il pannolino io di sicuro non avrei acquistato questi.
Perché emerge [ancora] l'immagine di un maschile inabile alla cura, da mettere alla prova.
Un vecchio cliché?
Forse.
Cosa manca di pedagogico?
Questa la domanda di chi - con interesse - cerca di esplorare le differenze di genere per scorgervi una novità, una differenziazione rispetto a ciò che culturalmente sembra ormai granitico.
Quesito che ha scaturito una risposta composta da due domande, entrambe che iniziavano con un "forse".
Forse l'idea di una cura al maschile che non sia solo da mettere alla prova ma che valga come già "testata"? Forse una teoria dell'attaccamento sistemica e non biunivoca?
La teoria dell'attaccamento, che tutti ormai sanno essere stata formulata da Bowlby nel secolo scorso, definisce l'attaccamento come "un sistema dinamico di atteggiamenti e comportamenti che contribuiscono alla formazione di un legame specifico tra due persone, un vincolo le cui radici possono essere rintracciate nelle relazioni primarie che si instaurano fra bambino e adulto." [J. Bowlby - Attaccamento e Perdita].
Secondo lo psicoanalista (e quando mai è un pedagogista a formulare una teoria?) il bambino, fin dalla nascita, è naturalmente predisposto a sviluppare un forte legame di attaccamento con la madre, o più in generale con qualsiasi adulto definito caregiver cioè colui che offre cura.
O la madre o chiunque.
Come dire che se non sei la madre sei, appunto, chiunque.
Cioè nessuno.
Ho sempre pensato che il fraintendimento nascesse dalla convinzione che il legame di attaccamento ponesse le sue basi durante i primi mesi di vita di un bambino, periodo nel quale l'unico oggetto di interesse è il seno materno come "fornitore di nutrimento". Da qui si è sempre ipotizzato che il legame primario (= simbiotico, nell'accezione di Margaret Mahler) fosse con la madre, relegando il padre ad un ruolo di comparsa nel sistema familiare.
Ma è proprio Bowlby a sostenere che nei primi tre mesi di vita il bambino vive la fase di pre-attaccamento: pur riconoscendo la figura umana non discrimina e non riconosce specificatamente le persone.
Quindi nemmeno la madre che per il cucciolo altro non è che una grande tetta.
E come si passa dall'essere una grande tetta a diventare un caregiver?
E chi è questo fantomatico caregiver? Da cosa è caratterizzato?
To care significa prendersi cura di e si differenzia dal to cure che ha uno stampo maggiormente sanitario, dove la cura è il tentativo di superare uno stato di malattia e di malessere.
Come si può allora dire che il padre NON è un caregiver?
La teoria sistemica sostiene che condizione necessaria perché sia stabilito un sistema è che i suoi elementi interagiscano tra loro e che tale interazione avviene quando il comportamento dell'uno influenza quello dell'altro.
Si può definire l'interazione - secondo me - come una relazione.
Non è quindi sufficiente che ci sia una relazione perché si possa parlare di sistema familiare dove ogni soggetto può avere il ruolo di caregiver?
Cambiare un pannolino non è un comportamento di cura che implica un alto livello di relazione e di intimità?
I padri, quindi, non sono necessariamente in prova perché nel momento in cui sono (vogliono essere) presenti nei comportamenti di cura verso i propri figli diventano soggetti essi stessi di attaccamento.
Senza dover necessariamente testare (= mettere in dubbio fino a prova contraria) ogni volta la loro capacità di cura e accudimento.
Dalla cura primaria fino alla cura educativa.
Già nella fase dell'attaccamento in prova di Bowlby (dai 3 mesi) quando il bambino discrimina le figure e comincia a riconoscere quelle che lo curano, lo coccolano, lo nutrono.
Proviamo a riguardare l'immagine proposta nella pubblicità.
Non possiamo definire quel comportamento come un comportamento di cura?
Allora (forse) la teoria dell'attaccamento letta in un'ottica sistemica riconosce la famiglie come il caregiver. A prescindere dalla differenza di genere.
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