martedì 5 febbraio 2013

Runaways e Hikikomori

Ecco due "nuovi" termini nel nostro vocabolario.
Due neologismi che arrivano da lontano ma che identificano lo stesso problema che colpisce i nuovi adolescenti: la fuga.
I Runaways sono coloro che scappano da casa.
Per poco tempo però, perché le statistiche raccontano di fughe brevi, di tre/quattro giorni al massimo. Fughe "di rappresentanza", per rivendicare qualche allargamento delle regole con l'utilizzo del ricatto affettivo.
Gli Hikikomori - di contro - sono i "fuggitivi immobili" perché da casa non si allontanano.
Anzi, non ne escono proprio. Si rinchiudono nella loro stanza e si rifugiano nel mondo virtuale, per sfuggire a quello reale.
Due tipologie di fughe molto diverse ma che richiamano ad una problematica comune: la crisi adolescenziale.

Ma come mai questa crisi, che è sempre esistita ed ha anzi rappresentato l'unico modo per entrare nel mondo adulto con un approccio critico e una identità più forte, sta diventando così problematica?
Perché una fase della crescita che, come la fenice, rappresentava un aspetto costruttivo della formazione del sé sta diventando sempre più distruttiva?
Forse il nodo sta proprio nella controparte della "vecchia" crisi adolescenziale e cioé il mondo adulto.
La messa in discussione, la contrapposizione, la negazione del mondo adulto era il punto di forza dell'evoluzione adolescenziale.
 
Contraddico e mi oppongo alle norme e alle regole che mi imponi/proponi perché le voglio mettere alla prova.
Se reggono ai miei attacchi allora sono di valore ed io posso accettarle.
Di più: solo mettendole in discussione le posso conoscere a fondo e quindi farle diventare mie.
Rivoltarle come dei calzini per ricostruirle a mia immagine e somiglianza.
Diverse da quelle che tu mi hai proposto/imposto in un solo aspetto fondamentale: non sono più le tue ma le mie.
Quindi le rispetto per scelta e non per obbligo.

Di che si tratta dunque?
Non di una nuova o diversa crisi adolescenziale, quanto - forse - di una rinnovata crisi dell'adultità?
I Runaways fuggono per un ricatto affettivo probabilmente perché sanno che gli adulti cederanno?
Gli Hikikomori scappano dal mondo reale perché quello che è stato creato dalla generazione precedente non gli piace?
Il mondo adulto si deve interrogare.
Soprattutto su quale sia il suo ruolo nell'affrontare questa nuova emergenza.
Gli adolescenti di oggi sono gli adulti di domani: vogliamo che affrontino il mondo con questi presupposti?

8 commenti:

  1. Nuovi spunti per riflettere ancora imparando termini moderni forse, come dici anche tu, per nominare cose antiche o anche forme nuove di reagire alla crescita della persona.
    In realtà leggendo, io sono tornata ancora più indietro perchè, anche dalla mia peculiare prospettiva di lavoro nei servizi per la prima infanzia, in questo ultimo ventennio ho visto trasformazioni molto significative che, a mio parere, rappresentano il preludio a quello che descrivi.
    L’adolescenza, come fase, seppur con le sue peculiari caratteristiche, mi pare strettamente connessa e intrecciata con quanto accaduto prima, in termini di relazione con il mondo e con gli adulti. Io incontro sempre più spesso genitori confusi, smarriti, incapaci di sostenere una relazione asimmetrica, molto centrati sulle “cose” e certamente già molto ricattabili affettivamente sin dai primi anni di vita del figlio.
    Mi chiedo con che bagaglio arrivino oggi i bambini alle porte della loro adolescenza, con quali certezze e fiducia, nei confronti del mondo e degli adulti.
    Mi sembra una questione molto interessante e centrale per l’educazione perchè, se solo si getta lo sguardo più avanti di qualche anno, potremmo anche interrogarci rispetto alle caratteristiche odierne dei giovani, uomini o donne, che potrebbero aggiungere un ulteriore tassello alla nostra riflessione.
    Quello che mi sembra di particolare interesse è fare attenzione a non scivolare in atteggiamenti nostalgici ma cogliere nelle caratteristiche del presente, nuovi spunti evolutivi anche per le nostre riflessioni pedagogiche.

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  2. Mi piace il collegamento che hai fatto tra adolescenza e prima infanzia perché è certamente vero che l'adolescenza non è un compartimento stagno ma ci si arriva con un bagaglio già ben costruito. Anche la mia esperienza (non certo così vasta come la tua) nei servizi per la prima infanzia mi conferma la tua visione. Che purtroppo vedo cementarsi nelle scuole dell'infanzia, in quelle elementari e nelle medie... Genitori che non riescono, non possono, non sanno mettere dei vincoli, dire dei no, esporsi come soggetti che portano avanti delle scelte. Che creano, insomma, dei "piccoli tiranni" che girano i propri genitori sulle dita di una mano come palline da circo maneggiate dai giocolieri. Porre le basi per una sana relazione asimmetrica è forse uno dei compiti primari dell'educazione: fortificare quei genitori che - chissà per quali strani e arcani motivi - non vogliono o non possono assumersi la responsabilità del loro ruolo. Come? Stimolando il confronto? Interrogando le prassi e le esperienze restituendole con un nuovo senso? Forse. Ma quali sono i luoghi in cui operare questi interventi? Come coinvolgere i genitori in questo processo di formazione?

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  3. che ne dici di occasioni come questa?
    http://www.facebook.com/events/151919718298600/

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  4. Credo che ogni occasione sia una buona occasione. Ed è con piacere che condivido la tua con ogni canale a mia disposizione. Che ne dicono i lettori? Mi piacerebbero anche i loro commenti.

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  5. Per anni e ancora oggi si sente parlare di "disagio adolescenziale" come se fosse un nuovo problema. Io continuo a sostenere che l'adolescenza è sempre la stessa e si ripete con le stesse regole ma con strumenti diversi, come ahi ben evidenziato.
    Bisognerebbe riflettere sul fatto che i veri "disagiati" siamo noi adulti (mi metto in mezzo, perchè anche se rifletto e mi metto sempre in discussione non mi sento totalmente fuori). Adulti che sono stati adolescenti in un momento di benessere, che hanno avuto genitori intenti a sostenere e mantenere per quanto possibile il boom economico, che a loro volta sono stati figli di adulti che uscivano dalla guerra e che dovevano ricostruire l'Italia.
    Un panorama piuttosto intricato ma che a mio avviso spiega il disagio degli adulti di oggi, catapultati in una realtà sempre più incerta ma ancora legati all'importanza delle cose, dell'apparenza, della futilità (gli adolescenti degli favolosi anni 80, quando il lavoro era piuttosto certo e le possibilità di vivere agiatamente erano garantite). Adulti che faticano a ripescare i valori, il dialogo, la relazione; adulti che si aggrappano ai figli adolescenti come se fossero loro a vivere ancora una volta quel momento di passaggio, adulti convinti che il mondo fuori sia più pericoloso del mondo virtuale, adulti che vivono in un mondo dove impera l'individualismo e la competizione.
    Ritrovare la relazione, il confronto e la collaborazione potrebbe essere un modo per migliorare il nostro "essere genitori" degli uomini e delle donne di domani

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  6. Intendevo proprio quello che hai appena descritto caro Anonimo: una generazione di genitori che fatica a fare il genitore. L'analisi sociologica che hai fatto sul perché siamo (anche io mi ci metto in mezzo, pur consapevole che il solo porsi delle domande già mi aiuta a cercare di uscirne)diventati questo tipo di genitori mi sembra corretta e condivisibile. Lancio allora una provocazione: partendo dall'immagine di genitori che siamo, riusciamo ad intravedere che tipo di genitori e di adulti diventeranno i nostri figli? Riusciamo a proiettarci una o due generazioni in avanti per capire in che cosa potremmo/dovremmo intervenire?

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  7. ...interessante davvero, Alessandro...sto cercando di documentarmi circa la Rete e i suoi differenti fili e intrecci e il tuo post arriva al momnto giusto! In particolare mi ha colpito la riflessione di un filosofo che parla di 'volto e interfaccia' e, tra le altre cose, delle 'doppie identita' (in rete ma non solo...). Una delle tesi di fondo e' che il vituale non 'inventa' nulla e he, anzi, raccoglie una serie di promesse e di irrisolti dell'umanita' ( tra cui le spinte utopistiche, legate alla voglia di cambiamento radicale in un contesto per certi versi caratterizzato da disillusione). Forse il vero problema e' non esserne consapevoli, in primo luogo come adulti, per cercare anche di insegnare modalita ' di utilizzo 'critico' della rete.
    Per quanto rigauarda l'adolescenza, poi, l'ambivalenza verso il corpo che cambia, che promette, che spaventa...e' certamente molto presente e, probabilmente, entra in risonanza con le amivalenze stesse di cui e' portatrice la rete. Spenderci dei pensieri al di fuori delle fazioni "pro o contro" non sarebbe male :)

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  8. "Spendere dei pensieri" è un concetto che mi piace molto Monica Esse.
    Ci puoi illuminare su quale filosofo stai citando e quali definizioni da di "volto e interfaccia" o di "doppia identità"?
    a me personalmente faresti un piacere...

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