martedì 18 dicembre 2012

Pedagogia della morte?

"Papà i miei compagni mi hanno detto che la maestra dell'asilo è morta. Vuol dire che è andata in cielo? L'ho vista l'altro giorno. Mi mancherà?"
"Papà, l'altro giorno quando sei caduto davanti a me mi sono spaventata. Io ti chiamavo e tu non mi rispondevi. Prometti che non mi farai mai più spaventare così." (A. 5 anni, italiana)
 
"Al mio paese quando sentivo arrivare le bombe potevo solo stare fermo e sperare che non cadesse sulla mia casa. All'inizio pensavo a chi dei miei amici o parenti non avrei rivisto il giorno dopo. Poi ho smesso di pensarci: se cadeva su un'altra casa voleva dire che non era caduta sulla mia" (R. 16 anni, afghano)
 
"Odio mio padre che è morto senza chiedermi il permesso. Non ho fatto in tempo a dirgli quanto lo odiavo e ora non lo potrò più fare." (V. 10 anni, italiano)
 
"Siamo partiti in 30 e siamo arrivati in 12. Cercavamo tutti una vita migliore. Io ho avuto molta paura, ma almeno non sono morto." (M. 15 anni, egiziano)
 
"Vorrei che mio padre morisse, sono un mostro?" (F. 12 anni, italiano)
 
Vere frasi, sentite con le mie orecchie.
Perché tutto questo parlare di morte? Semplicemente perché in questi giorni imperversano i commenti e le riflessioni dopo i fatti degli Stati Uniti che hanno visto protagonista Adam e la "strage degli innocenti".
Su Facebook (Educatori, Consulenti Pedagogici e Pedagogisti) si è aperta una discussione sull'opportunità o meno di difendere i cuccioli di uomo da notizie tragiche come quelle che sentiamo in questi giorni.
Quando è il momento giusto per affrontare questo tema con i nostri figli o i nostri educandi? A quale età è opportuno fargli notare che gli "orchi" esistono veramente e non solo nelle favole? In quale momento potranno essere "meno traumatizzati" dal sapere che il mondo non è solo tutto bello?
Genitori, Educatori e Pedagogisti si interrogano. Giustamente.
Ma secondo me la prospettiva è sbagliata.
Non possiamo essere noi a decidere (pur sapendo che potremmo sbagliare) quale possa essere il momento.
Perché la morte può arrivare improvvisamente. L'orco può irrompere nella nostra vita in modo inaspettato.
Ed è difficile chiudere il cancello quando i buoi sono già scappati.
La prima "esperienza" che mia figlia ha avuto con la morte è stato il provero Nebbia: il pesce rosso vinto alla festa dell'oratorio che un giorno è stato trovato a pancia all'insù.
Ovviamente è stato trovato proprio da lei.
Una tragedia.
Nonostante si fosse già parlato del fatto che i nonni-bis sono in cielo, anche se le domande su "la nonna è vecchia? quando muore?" era già arrivata... si trattava ancora di ipotesi, di ragionamenti astratti basati sul sentito dire.
Ma Nebbia è morto sul serio. E la mia piccola ha dovuto fare i conti con la prima perdita.
Così come Nebbia è stato portato via da "morte naturale", anche i bambini di Newtown - Connecticut sono stati portati via.
Da un orco.
Si può tentare di tenere la televisione spenta, di non affrontare il discorso, di non acquistare i giornali.
Ma gli orchi prima o poi vengono a galla.
Quando meno ce lo aspettiamo.
Mi chiedo se i bambini sopravvissuti a Newtown sapessero dell'esistenza degli orchi. E mi chiedo per quanto tempo avranno incubi sognando i mostri.
E tutti gli adulti sono attenti a filtrare la notizia, per evitare che anche altri bimbi possano sognare i mostri.
"Ma per "filtrare" una notizia, occorre darla e occorre darla tempestivamente, prima che arrivi da sola e come pare a lei."
 
Sono fortemente convinto che i tempi dell'educazione non possano essere stabiliti dagli educatori, ma dagli educando.
Ed occorre cercare di essere pronti.
Le frasi che ho citato all'inizio sono arrivate all'improvviso. Non come un fulmine a ciel sereno ma come una deflagrazione atomica.
Perché hanno squassato le mie paure, le mie ansie e la mia visione della morte.
Non mi sono potuto basare su ciò che io penso della morte o su ciò che questo pensiero provoca in me.
Ho dovuto affrontare il problema dal punto di vista di coloro che queste frasi le hanno espresse.
Utilizzando un linguaggio a loro comprensibile ma senza tergiversare, senza tentare di rinviare il discorso.
Perché quando qualcuno pone una domanda è per avere una risposta.
E se la risposta non arriva dalla persona a cui si è posta la domanda, la si va a cercare da altre parti.
Senza contare che spesso la domanda arriva per un input esterno.
 
Non possiamo controllare ogni avvenimento di questo mondo.
Possiamo solo cercare di affrontarlo con coraggio e con le risorse in nostro possesso.
 

1 commento:

  1. Sofia, 3 anni: "Mamma, anche io morirò?".
    Mamma: "Sì, morirai anche tu".
    Sofia: "Allora voglio morire insieme a te".

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