Mercoledi comincia la scuola e la mia bambina andrà in prima elementare. Entra nel mondo dell'apprendimento, diventa grande, inizia la sua carriera accademica che durerà (almeno) per i prossimi 10/15 anni.
Come "festeggiare" questo avvenimento?

Semplicemente ho preso un pannello di legno, l'ho sagomato e dipinto e l'ho posizionato. Senza l'aiuto di nessuno (per scelta) e con pochi strumenti a disposizione.
Probabilmente pochi, tra quelli che mi conoscono, erano fiduciosi sulla riuscita di questo progetto, ma ce l'ho fatta.
Perché?
Semplice: sono testardo e quando mi metto in mente una cosa la raggiungo. Se ho un progetto mi ci danno finché non lo realizzo.
Alcuni amici mi prendevano in giro suggerendomi di andare all'Ikea e utilizzare il mio tempo per altro... Possibile, ma volete mettere la soddisfazione?
Probabilmente mia figlia farà i compiti sul tavolo della cucina (come tutti i bambini di questo mondo) per tutte le elementari e forse anche le medie e la mia scrivania sarà relegata ad un ruolo marginale per giocare o disegnare. Ma non importa, è lì: se la vuole utilizzare lo può fare, se non vuole sa che c'è.
Le ho fornito uno strumento e la libertà di scelta sul suo uso.
Ecco che rispunta fuori l'educatore del terzo tipo.

Io sono un educatore e sono un padre. E le due cose non possono essere separate.
Quando faccio il padre non posso rinnegare il mio essere educatore e viceversa. Perché non può essere solo una questione di strumenti, di studio e apprendimento, di esperienza. Bisogna essere in grado di far interagire gli strumenti pratici e le predisposizioni personali in modo pedagogicamente orientato in un progetto, verso un obiettivo chiaro. Non basta avere le caratteristiche "sulla carta" - un titolo di studio adeguato, doti empatiche, capacità osservative e progettuali e quant'altro si ritenga necessario... -, occorre che tutto funzioni in modo sistemico.
Non si può "fare" l'educatore, bisogna "essere" educatore.
E lo stesso vale per il ruolo di padre.
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