sabato 15 settembre 2012

Dalla coppia affettiva al triangolo familiare: dove sono i papà?

"Un uomo che decide di avere un figlio va incontro ad una fase del proprio ciclo di vita che ha un enorme potenziale di trasformazione. Diventare genitori comporta, infatti, una definitiva trasformazione dell'identità: insieme al proprio bambino un uomo vede nascere un "nuovo sé stesso". (...) Occorre che si impari a considerare la "paternità" un vero e proprio capitale sociale al quale la società del terzo millennio non solo non può rinunciare, ma dal quale intende partire per garantire alle future generazioni un'esistenza res forte dalla presenza armoniosa e cooperativa di due genitori consapevoli dei propri limiti e dei propri punti di forza, detentori di una competenza parentale in grado di regalare ad ogni figlio radici solice con cui "attaccarsi" alla vita e un paio d'ali con cui "esplorare" il mondo alla ricerca della realizzazione di sé"
A. Pellai "Dei padri non si sa niente. Le emozioni nascoste dei neopapà"
Psicologia Contemporanea n. 207 - mag.-giu. 2008
 
Venerdi sera ore 20.30.
Riunione dell'équipe educativa del Micronido con i genitori per la presentazione della programmazione didattico-educativa del nuovo anno scolastico.
Su 10 padri solo 4 presenti, sui 4 presenti solo uno senza la presenza della sua compagna.
Già questo un dato significativo.
Parlano gli operatori e poi lasciano spazio ai genitori per domande, dubbi, comuncazioni... Quasi tutte le mamme parlano, nessun papà apre bocca.
Perché?
E si che l'équipe educativa non è esclusivamente al femminile: c'è un operatore uomo che rappresenta la categoria di chi educa al maschile che potrebbe mettere a proprio agio i papà, porsi come facilitatore della comunicazione.
Ma non basta. Nessuno parla.
Come mai questa assenza (fisica o verbale) nel contesto in cui si parla dell'educazione dei loro figli? Perché - come troppo spesso accade - il ruolo dell'educazione al maschile non emerge?
I papà erano semplicemente intimiditi dal contesto? Non si sentivano lecitati ad intervenire in una discussione nella quale non ritengono di avere (o non gli viene concesso) un ruolo attivo?
Già diverse volte ho trattato il tema della paternità in questo mio blog (per forza, è un tema a me molto caro visto che sono un papà!) ma continuo ad occuparmene perché vorrei davvero che la figura maschile venisse riconosciuta e collocata nel processo educativo.
Devo far qualcosa, voglio far qualcosa perché tutti questi padri - insieme alla loro mogli/compagne - possano attivamente educare i loro figli.
Fin dai loro primi giorni di vita.
Perché già in quei momenti l'uomo ha un ruolo fondamentale nell'equilibrio familiare.
Se l'uomo prova a stare sulla scena sin dai momenti più precoci, a guadagnarne in qualità e intensità potrebbe essere anche il rapporto madre-figlio visto che, come affermato da Bowlby, l'uomo, offrendo sostegno emotivo alla propria compagna, fungerà per lei da base sicura, divenendo in tale modo anch'egli figura di attaccamento.
Inoltre, in una prospettiva psicodinamica, è stato più volte affermato che al padre spetta il compito psicologico di "collocarsi" al centro della relazione madre-figlio durante le fasi pre-edipiche dello sviluppo, divenendo un polo alternativo in grado di attenuare le funzioni specifiche assolte dalla madre nel suo ruolo essenziale di caregiver primario. Il padre, con il suo intervento educativo, priva il bambino dell'oggetto del suo investimento affettivo primario facendolo passare dalla logica del bisogno a quella del desiderio.
Cosa posso fare - quindi - per cercare di coinvolgere maggiormente questi padri? Come posso aiutarli a comprendere quanto fondamentale sia il loro ruolo nella crescita dei loro figli che non può essere limitato al "mi prendo cura della famiglia garantendo loro sicurezza"? Come sostenerli nel rivendicare (anche davanti alle loro compagne che, alcune volte, faticano ad accettare la presenza dell'uomo nella relazione così esclusiva e gratificante madre-figlio) un ruolo attivo e riconosciuto? Come rinforzarli nel credere nelle loro potenzialità educative?
Come trasformare la "coppia affettiva" madre-figlio in un amorevole "triangolo familiare" in cui ogni membro giochi un ruolo che auto-mantiene la relazione affettiva all'interno del nuovo sistema famiglia e che permetta al padre di abbracciare a tutto tondo la sua nuova dimensione genitoriale?
Probabilmente devo partire dal capire che tipo di padri ho di fronte, quali sono le loro aspettative e paure, che tipo di immagine fantasmatica hanno di sé come padri.
 
E voi: che tipo di padri siete? che tipo di padri sono i vostri compagni/mariti? Mi raccontate le vostre esperienze così che io possa meglio comprendere il fenomeno basandomi su una conoscenza concreta e più allargata dei nuovi padri?

3 commenti:

  1. Concordo su tutto quanto hai scritto, ora, più che mai, i ruoli dei genitori (padri e madri) non sono definiti come una volta, la difficoltà sta nel riposizionarsi in una realtà che e' in continuo cambiamento.
    Pero', si c'è un pero', forse giustificato dall'esperienza personale alquanto difficile, mi risulta un po' fastidioso l'approccio sempre psicologico sulle difficoltà nell'esercitare il ruolo paterno.
    Ci sono padri che fanno i padri (penso a mio marito per es) Ma ci sono tanti padri che sono ancora " figli", che costruiscono una famiglia inseguendo un'idea che e' lontana anni luce dalla realtà. Padri che non si ingaggiano nel proprio ruolo perché incapaci di assumersi una responsabilità così grande, padri poco abituati a tollerare le frustrazioni che inevitabilmente ne derivano. I figli sono una grande gioia e, al tempo stesso un grande impegno e un legame per la vita. Padri che delegano alle madri, non solo per incapacità, anche per comodità. E sapete quando si accorgono di avere un figlio? Quando si separano. E qui scoppiano le guerre in Tribunale perché vengano rispettati i diritti (quali? Quelli dei padri o dei figli?). Già, i diritti, e i doveri? Si perché esistono anche quelli. Ora si dirà che ci sono madri "streghe" che usano i figli per dispetto contro il marito, vero, verissimo, quanto sbagliatissimo. Ma ora sto estremizzando, me ne rendo conto e sto anche uscendo dal tema in questione.
    Ho cresciuto una figlia che ora ha 7 anni da sola. Il padre l'ha riconosciuta, versa un assegno di mantenimento di "ben 240 euro mensili", e' un educatore professionale, l'ha vista nei giorni concordati (pochi), non le ha fatto fare una vacanza fino ai 5 anni, a me piace dire che ha fatto il minimo sindacale. Un esempio? Una sola volta gli ho chiesto di aiutarmi a tenerla perché era ammalata, e mi sono sentita rispondere : "ma io sono in ferie"!.
    Poi e' successo qualcosa, la sottoscritta si e' rifatta una vita, allora il padre latitante e' diventato un padre assillante. Guerra in Tribunale. Vinta da parte mia (anche se sostengo che quando si arriva a questi pinti, nessuno vince, perdiamo tutti, i figli per primi).
    Ora questo padre, agli occhi di tanti e' diventato vittima, potrebbe tranquillamente sfilare alle manifestazioni organizzate da quelle associazioni che si vedono in tv, con questi poveri uomini che vanno a mangiare alla Caritas, spennati dalle mogli avide di denaro.
    Esistono anche queste storie, esistono tante madri che hanno sacrificato parte della loro vita per ricoprire entrambi i ruoli.

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  2. Ti ringrazio.
    Ti ringrazio per il coraggio con cui hai raccontato la tua storia.
    Ti ringrazio che, nonostante io lavori sempre con padri "maltrattati" esistono anche madri che faticano ogni giorno cercando di ricoprire entrambi i ruoli genitoriali perchè - purtroppo - esistono anche padri che non vogliono fare i padri.
    La mia riflessione voleva basarsi su quei padri che "latitano" per paura semplicemente perché con loro (credo) si possa lavorare affinché tirino fuori le potenzialità che hanno.
    Ma è vero: ci sono anche padri che non vogliono fare i padri, che non lo vogliono fare realmente e completamente, ma solo come immagine sociale e illudendosi che sia un completamento dell'essere uomo.
    Diventare padre è una grande responsabilità. Se non c'è questo presupposto di base non c'è padre che tenga.

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  3. ciao Ale ... come sempre è bello leggere le tue riflessioni ... padri ... ce ne sono vari come è già stato sottolineato ... certamente a quelli della nostra età è richiesto un ruolo più attivo rispetto a quanto non fosse richiesto ai nostri padri, probabilmente anche a causa del fatto che entrambi ormai si lavora.
    credo però che ancora il ruolo principale nella famiglia nell'accudimento dei figli sia della mamma e che il padre si senta sempre un pochino al di fuori sopratutto dalla scuola, dai compiti e di conseguenza dai colloqui con insegnanti ed educatori (a meno che non ne faccia parte ovviamente).
    mio marito per esempio è sempre stato presente fin dalla nascita, con il bagnetto che era suo compito, giochi, pappa etc ma la scuola, colloqui e riunioni sono mie ... non dico le abbia saltate tutte, ma spesso anche a causa degli orari in cui venivano fatte. nei rappresentanti di classe siamo tutte mamme, tranne uno! e questo ormai da 4 anni! non credo che gli scarsi interventi siano dovuti a mancanza di idee o a timidezza, ma forse solo ad una delega implicita alla madre e la loro presenza sia solo come appoggio.

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