martedì 21 agosto 2012

Dov'è la felicità?


 "A volte ci si mette una vita, o quasi, per capire che la felicità è lì dove non ci saremmo mai aspettati. Basta solo avere il coraggio di guardarla in faccia"
"Ci si mette una vita" - F. Russo




"Felicità" - Ideogramma


La ricerca della felicità, un obiettivo che tutti dovrebbero avere e perseguire, per essere completi in sé stessi e con gli altri.
Ma è proprio vero che tutti cercano la felicità? E ancora: la felicità è soggettiva od oggettiva? Cos'è la felicità per me? Da cosa è rappresentata la felicità per un bimbo, un anziano, un single, un malato terminale, un malato psichiatrico?
Cavolo, ragionare su questo tema rischia di diventare complicato!
E allora perché farlo?
Credo che la felicità - intesa come ben-essere - debba sempre essere l'obiettivo principale di ogni singolo intervento educativo. Un obiettivo che non vale solo per l'educando ma anche per l'educatore!
Lo stato di ben-essere però non può essere inteso semplicemente come il contrario di mal-essere (cioè la presenza di una malattia o più generalmente la mancanza di qualcosa nella nostra vita) ma deve essere considerato come uno stato globale, sistemico, inteso come "tutto": se l'individuo è un sistema complesso anche la rappresentazione della felicità (del ben-essere) non può avere dimensione oggettiva. Questo è tanto più chiaro se pensiamo alla nostra rappresentazione di quello che significa "stare bene".
Come progettare un obiettivo educativo, quindi, se non ne conosciamo le caratteristiche? Come possiamo aiutare i nostri educandi a raggiungere la felicità se non sappiamo che tipo di accezione attribuiscono a questo stato? E se addirittura nemmeno loro la conoscono?
Possiamo trovare una via d'uscita in uno strumento fondamentale del nostro lavoro: l'osservazione. Il processo osservativo serve all'educatore per effettuare un'attenta analisi dei bisogni e una corretta valutazione delle risorse. 
E poi c'è un altro strumento che ci può venire in aiuto: la relazione.
Proprio perché parlavo del raggiungimento della felicità di entrambi i soggetti coinvolti non possiamo prescindere dalla relazione educativa, primo e vero fondamento di ogni intervento.
Intesa però in senso globale, bidirezionale, che agisce effetti su entrambi gli attori coinvolti e li reindirizza verso nuovi livelli di relazione.
Osservazione e relazione - dunque - per capire cos'è la felicità e come raggiungerla insieme, tenendo a mente che si tratta di un concetto dinamico, in continuo mutamento. Come il processo comunicativo, come la relazione educativa...
Ed è sempre importante l'attribuzione di uguale importanza  allo stato di ben-essere dell'operatore, che lo mette nelle condizioni migliori per poter lavorare.
Ricordando che la felicità può essere anche nei piccoli momenti.

Oggi per me la felicità è vedere il sorriso di mia figlia senza il dentino che la fatina si è portata via questa notte!



2 commenti:

  1. La felicità per la sottoscritta è uno stato emotivo... ne gusto il dolce sapore in tutto ciò a cui attribuisco valore (es. : il sorriso di mia nipote ; una piacevole giornata in compagnia di amici , sebbene sia pienamente consapevole che ne pagherò lo scotto ; alzarsi dal letto la mattina , il che per la sottoscritta non è così scontato , con
    la " voglia di fare " malgrado la sofferenza fisica che costantemente mi accompagna ormai da anni ; andare a camminare , a fare una passeggiata nonostante i dolori che mi tormentano senza concedermi un istante di tregua ; interagire col prossimo senza essere giudicata ; la bellezza disarmante di un tramonto ; un dono inaspettato ; una lettera , un messaggio che mai avresti immaginato di ricevere ; sostenere un esame universitario che ha comportato tante fatiche ; realizzare la mia vita e non solamente riuscire nella vita ; rialzarsi dopo una dura sconfitta inflitta dalle avversità della vita ; leggere un libro... ).
    Credo fermamente che occorra " aprire " i nostri cuori per riconoscere la felicità e per apprezzarla appieno!!!

    P.S. Carissimo Alessandro
    mi auguro di non aver scritto delle banalità , se così fosse ti prego di riferirmelo senza porti alcuno scrupolo!!!

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  2. Ecco, la felicità. E se ti dicessi che è per me un obiettivo "minimo" ma al tempo stesso anche "ultimo" del mio lavoro? Lavoro con persone da tempo istituzionalizzate, la loro vita è tra quelle mura (alcuni non escono nemmeno a Natale, quello che per me è lavoro per loro è tempo di vita, per questo, quando alla fine della giornata sono riuscita ad evitare o calmare uno stato di agitazione e a portare un po' di serenità e di sane risate, io sento d'aver realizzato il mio piccolo scopo. Del resto non posso renderli tutti intelligenti e integrati ma felici sì, questo lo posso fare.

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