giovedì 2 agosto 2012

Harry Potter, Percy Jackson e Scooby Doo: ovvero la rivincita dei disadattati (un rilettura pedagogica?)

Harry Potter è orfano e vive in affido dai suoi zii; Percy Jackson è figlio di una ragazza madre, dislessico e iperattivo; Scooby Doo (e con lui il suo amico Shaggy) è scoordinato e sembra un po' tonto, sempre un passo indietro rispetto a tutti gli altri.
Sembrano tre storie degne della presenza di un educatore, tre potenziali fruitori di un "progetto di supporto".
Eppure superano le loro difficoltà, trovano in loro le risorse e si trasformano in eroi.
Che tipo di lettura pedagogica possiamo dare a queste storie?
Che stimolo o risorsa educativa riusciamo a trarre da protagonisti di famosi film e cartoni animati per bambini e adolescenti?
Se dovessi immaginare questi personaggi come miei potenziali "clienti" che progetto potrei ipotizzare su di loro?
Un aspetto mi sembra accomunare le tre situazioni: una carenza di autostima! mancanza che li rende insicuri e li fa dubitare delle loro risorse.
Certo: nella finzione interviene l'elemento magico (che - ahimé - nella realtà non esiste) ma tutti e tre hanno uno strumento fondamentale che li accompagna: i loro amici.
Harry ha Hermione e Ron, Percy ha Annabeth e Grover, Scooby ha Fred, Welma, Daphne e Shaggy.
Ed eccola - forse - la lettura pedagogica che possiamo dare: il valore della relazione intesa come supporto, condivisione, confronto e guida...
E cos'altro è la relazione educativa se non supporto, condivisione, confronto e guida?
Perché la relazione educativa è il centro del processo di apprendimento, percorso che vede educatore ed educando uniti proprio da quel legame che, in un'ottica sistemica, è il vero possibile agente del cambiamento.
Harry, Percy e Scooby... metafora dell'importanza della relazione educativa che andrò ad approfondire!



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